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LA SAGGEZZA NEL SANGUE
(WISE BLOOD)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 17 marzo 1983
 
di John Huston, con Brad Dourif, Ned Beatty, Harry Dean Stanton, Dan Shor (Stati Uniti, 1979)
 
Wise Blood, film dell'allora settantatreenne John Huston, è un film straordinario. Straordinariamente diverso, eccentrico, intelligente, divertente, stimolante e poetico. E quanti hanno avuto la fortuna di vederlo? Nulla, in questo film, appartiene alla consuetudine. Dalla scelta del soggetto, un romanzo di Elannery Ò Connor, che racconta di una specie di predicatore, reduce da una specie di Vietnam, e dalla convivenza con una specie di puttana, che fonda una specie di chiesa "di Gesù Cristo senza Gesù Cristo", che in una specie di predicazione afferma una serie di rifiuti: non sono un predicatore, non credo in nulla, non nel peccato, non nella redenzione. In nulla, salvo la non-esistenza di Gesù, e in una sola verità, l'assenza della verità...

Un personaggio comico? Ma nulla, in Wise Blood è concesso alle parvenze: e anche la "storia" svicola prima del finale. Questo buffone che rifiuta la morale corrente, quest'uomo esasperatamente teso al rifiuto del Cristo non riflette soltanto la propria solitudine, in definitiva, il bisogno del Cristo e la vocazione al martirio?

Film difficilissimo da farsi: perché tutto giocato sull'assurdo, dalla vicenda ai personaggi, dall'ambiente ai significati. E sul metafisico. John Huston lo risolve con una maestria sbalorditiva: gli attori sono scelti e diretti con una originalità inusitata. Dal protagonista all'ultima delle comparse finiscono col formare una galleria d'umanità al tempo stesso commovente e feroce, spaventosamente significativa nella propria eccentricità. Gli ambienti della provincia americana, filmati nei colori densi della fotografia iperrealista del grande Gerry Fisher, compongono un quadro perfetto alla storia. Più che perfetto, significante. L'universo di WIse Blood, totalmente assurdo all'inizio, acquista man mano che il film procede, una forza espressiva formidabile. Lo sguardo di Huston, proprio come quello delle pupille sbarrate dell'indimenticabile protagonista, Brad Dourif, si posa sul quotidiano più razionale per farne un microcosmo di significati.

Anche gli aspetti solitamente marginali assumono il valore di una riflessione: cosi il rapporto fra il protagonista e l'automobile, irresistibile ma al tempo stesso acutissima analisi dell'incontro fra l'uomo e la macchina. Così il personaggio dickensiano dell'orfano Enoch, che il regista coglie con una intuizione fisica palpabile, traendo da quell'attore incredibile che è Daniel Shor delle risonanze esaltanti e commoventi.

WIse Blood è un film impossibile da raccontarsi: perché nasce, si sviluppa e si significa sulla qualità di uno sguardo. E il cinema allo stato puro: irripetibile nella sua facoltà di trascendere la realtà osservata, di rinviare i risvolti comici o drammatici di un racconto sulle ali di una meditazione al tempo stesso poetica e critica.


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